A me sono girate le balle....
Riporto qui quello che gli ho scritto:
alla c.a. del sig. Piero Rauber
Ho letto con estremo interesse e con altrettanto rammarico l'articolo di ieri, 26 settembre, relativo alla vicenda del controllo antidoping a suo giudizio "eluso" da due ciclisti che hanno partecipato alla Granfondo d'Europa di domenica 24.
Desidero innanzitutto puntualizzare che la gara ciclistica, iniziata in Piazza Unità alle 9.00, terminava, come da regolamento facilmente reperibile sul sito della manifestazione, a Sistiana, dove da qualche anno viene posto l'arrivo. Non mi risulta che sia definito un obbligo per i ciclisti di completare il percorso raggiungendo Trieste e nemmeno di partecipare alle premiazioni o al pasta party presso le strutture di Riva Gulli. Nemmeno è da trascurare il fatto che i più veloci del percorso lungo hanno completato la gara in circa 4 ore e quindi erano "liberi" alle 13.00 circa, ossia ben 2 ore prima che il loro sorteggio per l'antidoping fosse annunciato. Quindi volendo c'era tranquillamente il tempo per raggiungere Trieste, mangiare, farsi la doccia e mettersi in viaggio per tornare a casa, senza essere a conoscenza del sorteggio.
Ma non mi interessa tanto chiarire questo, dato che sarà un problema di chi, suo malgrado, è stato conivolto in questa vicenda personalmente.
Quello che mi sconcerta è il binomio ciclismo-doping che l'articolo evidenzia come se la cosa sia acclarata e indiscutibile. Nel sottotitolo campeggia un "Tutt'altro che raro anche tra gli appassionati il fenomeno". Chiedo a lei sig. Rauber se dispone di analisi, statistiche, dichiarazioni spontanee o estorte, numeri insomma che la mettano nella condizione di poter affermare che il fenomeno è tutt'altro che raro. Altrimenti, se è solo per sentito dire, le chiedo di smentire.
Nella mia esperienza di ciclista della domenica che partecipa a qualche granfondo ogni anno non ho visto tutta questa palese diffusione del doping. Ho 43 anni, mi dica se sono nella fascia di età in cui l'uso è "frequente" come lei afferma.
Non voglio nascondere l'esistenza del doping nello sport ma mi domando perchè nel suo ruolo di giornalista non vada a cercarlo nel calcio, specie a livello giovanile, nel nuoto, nell'atletica, nello sci, invece che sbattere il mostro in prima pagina quando il mostro probabilmente è tale solo per una incapacità organizzativa.
Ma lei sig. Rauber c'è mai salito su una bicicletta? Ha una idea, seppur vaga, della soddisfazione che si prova a terminare una prova con se stessi come una granfondo? Lo sa che la stragrande maggioranza dei 600 "omertosi" che lei cita si allena con enorme fatica negli spazi concessi dal lavoro, dalla famiglia e di certo non sporca tutta questa fatica per un piazzamento in una granfondo piuttosto misera come quella di Trieste? Ci provi a salire in bici ed a uscire con noi, vedrà con i suoi occhi che l'unico nostro doping è la voglia di stare insieme.
Un cordiale saluto
Marco Senn