Prevenire è meglio che curare. Nel ciclismo da strada ho notato una fatica a sviluppare una coscienza della sicurezza, maggiore rispetto alle altre discipline, che hanno una dotazione di sicurezza, soddisfacente. Guardando superficialmente il fenomeno, devo solo stupirmi della tranquillità con cui atleti spinti all'estremo lungo discese velocissime, od in insidiose volate di gruppo, non si curano dei sottili vestiti cui affidano le loro sorti in caso di caduta, tutt'altro che improbabile. Cercando di capire meglio la situazione, mi pare di attribuire ad un sentimento di appartenenza al gruppo la ceca obbedienza con cui si ignorano i rischi. Anche la smania di prestazione, complica la situazione, facendo preferire alla salute qualche grammo in meno come se potesse effettivamente darci il vantaggio, che invece lo stress del timore di cadute divora in misura ben maggiore. Mi auguro che questo abbozzo di psicanalisi, che in fondo si riferisce ad una stato di caduta relativo, venga sviluppato maggiormente da chi pratica attivamente la disciplina sportiva e si cerchi di ottenere una sicurezza allineata all'off-road, rimarginando la ferita che al momento soffre. Biciclette sempre più potenti e veloci mi fanno appendere una spada di damocle, sulla testa di chi, anche questa volta, penserà di preferire la sorniona ed infida complicità del silenzio, che già tanto a fatto per il doping, ad una seria analisi dei sinistri e delle protezioni da promuovere. A chi tocca?
Il male:
Tour de France Crash Compilation - YouTube.