Se può esserti d'aiuto i primi soldati italiani ad arrivare a Trieste "liberata" fu proprio un battaglione (spero di indovinare il termine...) di bersaglieri ciclisti.
Mario Rigoni Stern in uno dei suoi libri racconta come nell'attività dei recuperanti furono trovate le biciclette dei bersaglieri ciclisti sugli impervi pendii di qualche monte intorno ad Asiago, dove le bici non erano di nessuna utilità. Durante la prima guerra mondiale si combatté molto sull'Altopiano e furono mandati parecchi reggimenti di soldati, fra cui i bersaglieri con le loro bici che furono solo un pesante fardello.
Molti eserciti in giro per il mondo hanno usato la bici, soprattutto nella prima guerra mondiale in cui era un mezzo snello e veloce rispetto agli altri veicoli in quelle circostanze.
Di fondo le bici militari erano:
-pieghevoli per essere caricate negli zaini
-con scatto fisso per ridurre al minimo i componenti meccanici, anche se esisteva già la ruota libera
-con
copertoni pieni per evitare le forature
-ammortizzate (anche bi-ammortizzate) per poter essere usate su ogni terreno
-dotate di supporti speciali per moschetto, spada, zaino ecc
Non ricordo chi fra Legnano e Bianchi fece fortuna con le commesse dell'esercito italiano.
Interessante è il ruolo della bicicletta nella Resistenza italiana, in cui fu il mezzo per eccellenza, in particolare dalle staffette donne.
Se leggi "I piccoli maestri" di Luigi Meneghello (che consiglio a priori a chiunque per capire un po' meglio i chiariscuri della Resistenza italiana e vicentina in particolare) vedrai come l'autore nella seconda parte parla in lungo ed in largo dell'uso della bici che fece in quel periodo (lui era un ciclista amatore da ragazzo, ma ha scritto che quello fu il periodo in cui fece più km in bici di tutta la sua vita).
Sono piccoli spunti e aneddoti dai quali puoi prendere qualche idea da approfondire.