Articolo interessante, ma si tralascia l'aspetto umano della vicenda.
Ovviamente parlerò solo del doping per le categorie Agonistiche e non quelle ricreative come sono gli amatori.
Il doping spesso parte da lontano, purtroppo spesso chi deve formare le giovani leve come giustamente è stato sottolineato, spesso ha un passato che possiamo definirlo controverso.
Non possiamo aspettarci poi molto, pertanto sono dobbiamo puntare sulle regole.
Molte volte i giovano atleti arrivano al doping per gradini, prima c'è l'integrazione, poi c'è quella spinta fatto di flebo, punture ecc... tutto resta nel lecito ma si familiarizza con determinate metodiche che spesso sono traumatiche per un giovane, ma che vengono vissute come obbligatorie dall'ambiente e necessarie per il recupero, a quel punto l'atleta ha familiarità con determinate pratiche e avrà meno timori a fare il salto nel mondo del doping.
Molte volte i giovano sono dubbiosi sulle pratiche invasive, hanno timori, ma sentirsi parte del gruppo li rende meno timorosi.
Anche nell'assumere doping ci sono incertezze legate agli effetti futuri e non tutti gli atleti sono disposti a chiudere il naso e farsi di tutto, c'è timore, poi difronte a farmaci sperimentali e i timori crescono maggiormente.
A mio parere qui devono lavorare le federazioni e i regolamenti, perché non c'è nessuno che spiega, se non chi propone il doping e minimizza.
Io vieterei per partire l'integrazione per via endovenosa, intramuscolare, nulla deve essere permesso nelle categorie giovanili.
Devono essere tenuti degli stage di formazioni per informare i giovani sugli effetti del doping a lungo e breve termine, di come molti medicinali non modifichino la prestazione in modo certo e di come spesso sia esiguo ed incerto l'eventuale margine.
Infine responsabilità ai DS in caso di positività di un proprio atleta, con squalifica pari a quella dell'atleta.
Mentre nei professionisti, visto che per loro è un lavoro, si deve rendere antieconomico l'uso del doping.
Alhoa