13 ottobre 2013 - GF di Roma

Cristianopilot

Pignone
16 Ottobre 2012
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Bici
Si ce l'ho!
Ciao a tutti. Il mio piccolo contributo sulla Granfondo di Roma 2013. Gli occhi e le emozioni (e i pedali) sono quelli di un debuttante in questo tipo di eventi, quindi i più avvezzi non potranno che sorridere smaliziati e probabilmente si annoieranno pure. Per gli altri, invece, spero trovino qualche spunto interessante. Io mi sono divertito a scriverlo.

Domenica 13 ottobre. Apro gli occhi due ore prima della sveglia. Sono troppo eccitato. Parto da casa alle ore 7,30. La colazione è stata robusta ma non molto differente dai soliti giorni e probabilmente, lo ammetto, non proprio da atleta: tazzona di latte e caffè, una crêpe alla nutella con tanto di zucchero a velo, un plumcake al cioccolato e un bicchiere d’acqua con sciolta una pasticca di vitamina C grande come due euro. Fa un freddo becco, almeno per me che lo soffro molto e opto per un tristrato che neanche sul Mortirolo a gennaio: maglia intima termica, maglia della gara, maglia a maniche lunghe (mancavano solo le mutande di pelo e la botticella di cognac appesa al collo e sarei stato pronto per il fronte russo). Scelta apprezzata fino a 10 minuti esatti dopo la partenza, cioè fino a quando sono riuscito a superare i 7 chilometri orari e la massa ingolfata di corridori ha cominciato a sfilacciarsi sul basalto dell’Appia Antica, dopodiché ho avuto l’accortezza di togliere almeno l’intimo. Una parola…

Infatti quando rientro in gara dopo la sosta forzata in pratica quelli della Granfondo, ciclopedalata compresa, sono spariti. Su mezzi a due ruote c’è solo qualche signorotto senza numero, un tipo rasta in mountain bike e un gruppo di turisti americani con le Nikon a tracolla e le bici a noleggio. Ma dove sono tutti? Possibile che sono rimasto così indietro? In realtà basta una curva e rivedo la coda dello sciame colorato e vociante: per lo più sono maledizioni per le vibrazioni inconsulte che regala il sampietrino romano al telaio. L’accoppiata carbonio-kevlar della mia Bianchi di solito è generosa quanto a comfort, ma stavolta è messa veramente in crisi. Alla capsula del secondo molare rinuncio, ma mi chiedo se è il caso di reggere con una mano almeno il ciclocomputer per non farlo cadere, purtroppo però le due che ho sono troppo impegnate ad aggrapparsi alla curva del manubrio e tenere dritta la ruota anteriore.

Appia Nuova: ricomincia l’asfalto, una delizia per il sottosella, leggero falsopiano e un unico obiettivo nella mia testa: superare il gruppone della ciclopedalata turistica, tra cui gente con lo zaino, biammortizzate da downhill e bici pieghevoli (una in particolare con la targa alzata a 70 gradi come quelle antimulta degli Honda Cbr). Loro giustamente se la prendono comoda, chiacchierano, si lanciano battute, alcuni invocano già il ristoro, io però devo onorare la specialissima e anche se la mia di Granfondo sarà una passeggiata esattamente come la loro, la mia media oraria deve essere dignitosa. Voglio infatti stare almeno con quelli del mio livello, anzi anche con qualcuno sgamato, così magari imparo qualcosa.

Mi metto ai 35 all’ora, fisso sulla corsia di sinistra (macchine permettendo) e ne supero parecchi; sfrutto anche la ruota di altri che come me risalgono il gruppo, finchè arriviamo alla svolta per il lago di Albano. La strada diventa leggermente più ripida, ma vado su fluido sempre con il 50. Il sole ormai scalda bene, la giornata è oltre le aspettative e ripaga della settimana umidiccia. Chiacchiero un po’ con un tipo che ha una ciclocross. Mi piace questo genere di bici versatile. Mi racconta che la settimana scorsa su un tracciato off road è caduto, disarcionato da una buca e si è preso un bello spavento. Ci scambiamo qualche idea su percorsi interessanti intorno a Roma poi piano piano si stacca. Vado su bene, la strada è alberata, fresca e tranquilla, solo noi a squarciare la sua quiete in queste prime ore del mattino. In realtà le borracce e soprattutto le buste vuote di sali ed energizzanti in terra ci dicono che qui, molto prima di noi, c’è chi andava a tutta. Io comunque mi sento tonico e felice tra tutte queste maglie multicolori che pedalano solo per il gusto di andare.

Entriamo nella galleria prima del lago. Ricordandomi di quanto è buia di solito, a casa avevo per attimo pensato di portarmi una torcia. Ho fatto bene a lasciarla dov’era: è tutta illuminata e si procede sfruttando il leggero declivio. Svoltiamo a sinistra e dopo un po’ cominciamo a salire sulla panoramica che regala scorci mozzafiato. Questa è la prima vera rampa del percorso. È un continuo “clack, stack, stratrack” degli Shimano e dei Campagnolo che aggiungono denti ai pignoni posteriori. Chi sbuffa, chi si lamenta, ma per lo più si guarda l’asfalto davanti alla ruota e si pedala concentrati, in silenzio per non sprecare fiato. A un certo punto qualcuno dice: “Guardate che bella la residenza del papa che si specchia nel lago. Sembra un dipinto a olio!”. Mi volto anch’io e ha proprio ragione.

Per tutta la rampa di Rocca di Papa salgo su al mio ritmo, fluido; i miei allenamenti in salita mi stanno ripagando. Guardo chi resta indietro, strizzo l’occhio come a incitare chi è in affanno. Alcuni invece sono immersi nello sforzo ma stoici, impassibili, i volti tirati e gli occhi contratti, hanno qualche decade in più di me e certamente tante di salite come questa alle spalle. Vanno su lenti ma inesorabili, il gesto plastico: sono istantanee straordinarie per me e mi rievocano le pagine eroiche di questo sport.

L’ultimo tratto è una specie di “muro” che costringe qualcuno a mettere il piede a terra e spingere a mano la bici. Io resisto, mi appendo a chi ci strilla che è quasi finita, abbasso la schiena e brucio nei muscoli roventi quegli ultimi metri. È andata.

Si va che è un piacere fino al primo postoristoro. Mi fermo, poso la bici, mangio una mezza banana, un dolcetto, un panino con la marmellata e rabbocco la borraccia per la seconda busta di sali minerali. Riparto con calma gustandomi la discesa piena di castagne, attento a evitare i loro ricci spinosi (visto che già qualcuno è sul ciglio della strada a cambiare camere d’aria). Mentre si avvicina la statale rimango solo e mi si affianca un tipo di mezz’età dal polpaccio scolpito. Mi fa una sorta di anteprima ragionata di come evolverà il percorso. Mi ha visto solo e si è sentito di suggerirmi di accodami a qualcuno per svangare la statale verso Rocca Priora e soprattutto mi mette in guardia dalla rampa che porta al paese. Lo ringrazio e lo vedo sfilare via col suo gruppetto ai 40 all’ora. Eseguo come un soldatino le sue pertinenti raccomandazioni e come passa un gruppo, mi metto a ruota. Si viaggia una meraviglia, nonostante il leggero traffico che ormai ha invaso il percorso di gara. Lungo la strada si vedono i camioncini che vendono dei porcini dalle dimensioni smisurate, immagino piatti fumanti di risotti e fettuccine.

Arriva l’incrocio per Rocca Priora. È ben segnalato ma la svolta è secca e la strada sale subito ripida. Sento le bestemmie di chi non è riuscito a scalare marcia ed è rimasto piantato. Ion non so comen riesco a inserire il 34 e in piedi sui pedali cerco disperato l’equilibrio. Inizia la salita. Il segnale di 5 chilometri mi mette ansia. Ce la farò? Mi metto a ruota di una coppia di inglesi che salgono regolari. Uno mi chiede se ripasseremo sulla stessa strada al ritorno e gli spiego che solo nell’ultimo tratto il percorso si sovrappone per un po’ a quello dell’andata. Mi metto nei panni di questi britannici venuti a godere su queste strade ancora piene di sole. La pendenza è più forte e secca della salita di Rocca di Papa che lasciava rifiatare a brevi intervalli. Qui no, si sale concentrati. Per fortuna non ci sono macchine e la strada è tutta nostra. Passa solo qualche meccanico con lo scooter o quelli del servizio medico. Mi ritrovo spesso a pedalare con uno straniero. Si chiama Goran, non ci diciamo nulla se non con lo sguardo, la nostra non è una sfida, ma diventiamo una sorta di riferimento uno per l’altro per salire con un ritmo decente, che comunque non va oltre i 10 orari.

Goran a un certo punto si pianta e trovo un altro tipo con la stessa cadenza mia; mentre superiamo un signore con la handybike che va su a forza di braccia ci mettiamo a chiacchierare di gruppi muscolari, ciclismo e disabilità, le straordinarie performance di Zanardi e dell’impossibilità oggettiva di paragonare il ciclismo moderno con quello epico del dopoguerra. Lui è originario delle Dolomiti ed è abituato alle lunghe salite. Mi porta fino al paese continuando a chiacchierare. La gente si affaccia alle finestre per incitarci a superare gli ultimi metri di questa salita che ora sento tutta nelle gambe. Mi ricordo di quando io bambino incitavo i ciclisti che passavano nel paese di mia nonna. Mi fermo per riprendere fiato e ne approfitto per fare un po’ di stretching. Qualcuno si scatta la classica foto ricordo. Saluto il ciclista trentino e scendo al secondo postoristoro di Monte Compatri. Ho esaurito le riserve di energia e mi butto sulla frutta. Mangio anche un panino col prosciutto e bevo una coca cola.

La signora che mi riempie il bicchiere mi chiede se conosco il paese e quando gli rispondo di no pur essendo io romano ci rimane un po’ male. La provoco bonariamente dicendo che anche lei probabilmente non è mai stata in tanti angoli di Roma e lei mi spiega che probabilmente è vero, perché nella metropoli lei ci va tutti i giorni, ma solo a lavorare. Mentre l’ascolto mi viene da pensare al fatto che questa donna in fondo sta rinunciando al suo riposo del fine settimana, per stare qui in piazza a lavorare come volontaria e dare supporto a noi ciclisti. Questa gente va veramente applaudita.

Devo ripartire. Sfila Monteporzio Catone. La salita del Tuscolo mi aspetta e se non fosse che arriva dopo 60 chilometri e altre due rampe non sarebbe così dura. Ritrovo i due inglesi, poi mi accodo a un gruppetto di romagnoli con diverse presenze femminili. Nella discesa verso Roma mi accorgo di quanto sono stanco. A tratti ho freddo sotto alla maglia bagnata. Mi ritrovo da solo e lo scooter con i paramedici mi scorta per diversi chilometri. Mi da un po’ di conforto soprattutto negli incroci con qualche automobilista che fa fatica a rispettare il blocco imposto dal percorso di gara. La parte di Ciampino è quella più pericolosa.

Rincrociamo l’Appia e passiamo l’Appia Antica. Ripenso a tutte le volte che sono andato a Castelgandolfo con la mountain bike su questa meravigliosa strada secolare. Arriva l’Ardeatina. Non ne ho più. Mangio l’ultima mezza banana, ma mi fa male tutto e ho finito anche l’acqua. Devo assolutamente fermarmi a sgranchirmi, ma sento il traguardo vicino e stringo i denti cercando qualcuno da affiancare. Purtroppo i pochi gruppetti che mi raggiungono vanno al doppio di me e mi rassegno a faticare in soltudine. La bellezza della campagna romana mi allevia solo in parte i dolori. Mi riprometto comunque di tornare su queste strade.

La mazzata finale sono i sampietrini dell’ultima parte dell’Appia Antica. Mi fanno venire quasi i crampi alle mani. La sosta a un semaforo rosso mi sembra il paradiso. Un gruppo sempre romagnolo serra le fila mentre passiamo sulla Colombo e imbocchiamo il viale di arrivo. La strada ha un’impercettibile pendenza ma per me è come se fosse salita. Butto giù un dente e mi alzo sui pedali. Guardo la fotografa che mi immortala sul traguardo e mi esce un ghigno o forse una smorfia. Ho finito. Il ciclocomputer segna 110 chilometri, sono le ore 13. Ho goduto, ho sofferto, ho dato quello che potevo per passare un’altra giornata in sella come piace a me: aria aperta, sangue in circolo, senso di libertà e voglia di avventura. Ho scoperto nuove strade e assaporato le gioie e i dolori di un percorso per me impegnativo. La bici in compenso non mi ha tradito, ripagandomi delle cure che le ho dedicato.

Sono talmente stanco che dopo l’arrivo non vedo il pasta party e non perdo tempo a cercarlo. Mi infilo con tutta la bici al mercato rionale di via di San Teodoro e chiedo un panino con prosciutto e mozzarella. Lo divoro osservando seduto accanto a un albero la folla di ciclisti con le famiglie che va e viene dal villaggio Campagnolo. Un bambino mi viene vicino e si mette a mimare le curve con una bici da corsa, swischsss… swischsss…. swischsss…

Bellissimo racconto grazie o-o
 

Arcasimone

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Ti sbagli, tutti quanti forse sì ma la stragrande maggioranza sì. In una città come Roma ci sono talmente tanti canali comunicativi e d'informazione (tra cui quelli accennati da samuelgol) che è possibile raggiungere tutti... i rimanenti vengono raggiunti dal passaparola.

Per esempio, oltre quello già accennato: mettere dei cartelli pubblicitari/manifesti con qualche avviso all'uscita/ingresso delle metropolitane, lungo le strade principali? magari con qualche modella in topless per attirare l'attenzione.... :mrgreen:

E si potrebbe continuare ad libitum ma fondamentalmente oltre ad aver divulgato l'evento per gli "addetti ai lavori" (tra cui ci siamo principalmente noi ciclisti) poco o niente è stato fatto per il cittadino "comune"
Ma il concetto che volevo ribadire è che anche avvisando tutta la popolazione per tempo,ci sarebbe stata un numero di persone che avrebbero comunque non osservato gli inviti a non usare l'auto ad un determinato orario o altro ancora.
Forse non ci rendiamo conto che noi che usiamo la bici e contemporaneamente il PC siamo pochissimi,incontro tantissimi ciclisti che non conoscono la GF di Roma e la GF in genere,oltre ai forum ect.
Se all'uomo della strada gli parli di una GF mica immagina che ci sono 3000 ciclisti che sfrecciano a 50km/h in città,di conseguenza il loro comportamento non è nemmeno fatto con dolo.
 

samuelgol

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Canyon Ultimate SLX. Nome: Andrea
Ma il concetto che volevo ribadire è che anche avvisando tutta la popolazione per tempo,ci sarebbe stata un numero di persone che avrebbero comunque non osservato gli inviti a non usare l'auto ad un determinato orario o altro ancora.........
Non condivido. Quando facevano le domeniche a piedi nel centro storico, tutti sapevano e nessuna (nessuna) auto circolava. Potevi sdraiarti per terra in centro a Piazza Venezia a prendere il sole dalle 9 alle 18 senza timore. E mi pare che l'iniziativa piacesse a tanti.
 

cezar23

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Ma il concetto che volevo ribadire è che anche avvisando tutta la popolazione per tempo,ci sarebbe stata un numero di persone che avrebbero comunque non osservato gli inviti a non usare l'auto ad un determinato orario o altro ancora.
Forse non ci rendiamo conto che noi che usiamo la bici e contemporaneamente il PC siamo pochissimi,incontro tantissimi ciclisti che non conoscono la GF di Roma e la GF in genere,oltre ai forum ect.
Se all'uomo della strada gli parli di una GF mica immagina che ci sono 3000 ciclisti che sfrecciano a 50km/h in città,di conseguenza il loro comportamento non è nemmeno fatto con dolo.

Come detto in precedenza, il 100% della popolazione non lo puoi raggiungere, e su questo penso che siamo tutti d'accordo. Però tentare di raggiungerne il più possibile si può fare.
E poi, riprendendo giustamente il tuo discorso, su eventuali messaggi pubblicitari si spiega per filo e per segno che ci saranno 5000 ciclisti a 50kmh e che il tutto durerà un bel po.
 

Arcasimone

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Non condivido. Quando facevano le domeniche a piedi nel centro storico, tutti sapevano e nessuna (nessuna) auto circolava. Potevi sdraiarti per terra in centro a Piazza Venezia a prendere il sole dalle 9 alle 18 senza timore. E mi pare che l'iniziativa piacesse a tanti.
Non è proprio uguale;nonzo%
La domenica a piedi(chiudi una zona non molto ampia) poi metti i varchi(se non li sfondi non ci passi sicuro)
Per un'evento sportivo come una GF metti un'addetto(ma tante volte non viene nemmeno considerato):cry
 

Arcasimone

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Come detto in precedenza, il 100% della popolazione non lo puoi raggiungere, e su questo penso che siamo tutti d'accordo. Però tentare di raggiungerne il più possibile si può fare.
E poi, riprendendo giustamente il tuo discorso, su eventuali messaggi pubblicitari si spiega per filo e per segno che ci saranno 5000 ciclisti a 50kmh e che il tutto durerà un bel po.
Puoi fare tutto per bene ma su 6 milioni di persone, ma anche se fosse 1% che se ne frega di tutto,viene fuori una situazione difficilmente controllabile( come è avvenuto in queste 2 edizioni) poi è ovvio che quelli che arrivano nei primi 300 avranno trovato tutto in modo perfetto.
 

samuelgol

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Non è proprio uguale;nonzo%
La domenica a piedi(chiudi una zona non molto ampia) poi metti i varchi(se non li sfondi non ci passi sicuro)
Per un'evento sportivo come una GF metti un'addetto(ma tante volte non viene nemmeno considerato):cry
Noto che sei di Sarzana. Hai mai partecipato alle domeniche di chiusura del centro storico di Roma? (da non confondere con la chiusura della fascia verde che era peggio di una groviera, ma comprendeva, peraltro, tutta Roma dentro al GRA).
In caso affermativo, ricordi quale era l'area totalmente chiusa? Era una piazza e qualche adiacenza? A Roma di non molto ampio non esiste nulla....a cominciare dall'inefficienza, purtroppo.:cry
 

gx2

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Gigiant
Ci proponiamo per la prox edizione :-) . Io faccio la grafica dei volantini e manifesti e [MENTION=6633]samuelgol[/MENTION] li distribuisce per l'edizione 2014 :mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen::mrgreen:

Per [MENTION=12152]gx2[/MENTION], ho assistito anni fa la passaggio del Giro nell'hinterland romano (non i Castelli) e nonostante il blocco del traffico (io ero in auto) fu una festa per tutti e nessuno si lamentò. Penso che il motivo sia la durata del blocco, i grandi Giri "passano in fretta" mentre una GF è un serpentone continuo.

non ne sono sicurissimo, ma credo che soprattutto per il giro d'italia, tra carovane gruppi e ammiraglie, la chiusura totale duri parecchio, forse ore.
 

samuelgol

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non ne sono sicurissimo, ma credo che soprattutto per il giro d'italia, tra carovane gruppi e ammiraglie, la chiusura totale duri parecchio, forse ore.
Dipende dove.....nelle strade di passaggio non molto (poi dipende anche se c'è una fuga con mezz'ora di vantaggio sul gruppo). Nei km di arrivo, specie se con arrivo cieco (tipo 3 Cime di Lavaredo), la chiusura dura parecchio. Almeno nelle località da me viste in quelle occasioni (incluso un arrivo/partenza del giorno dopo. Tappa storica: quella che partiva da Asiago in cui Pantani strappò la rosa a Zulle e vinse il Giro)
 

pecoranera

CicloGladiamatore
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Colnago c68 LA MAIALA=C-Taurine
non ne sono sicurissimo, ma credo che soprattutto per il giro d'italia, tra carovane gruppi e ammiraglie, la chiusura totale duri parecchio, forse ore.

Dipende dove.....nelle strade di passaggio non molto (poi dipende anche se c'è una fuga con mezz'ora di vantaggio sul gruppo). Nei km di arrivo, specie se con arrivo cieco (tipo 3 Cime di Lavaredo), la chiusura dura parecchio. Almeno nelle località da me viste in quelle occasioni (incluso un arrivo/partenza del giorno dopo. Tappa storica: quella che partiva da Asiago in cui Pantani strappò la rosa a Zulle e vinse il Giro)
giggi in quelle di transito,è come dice Andrea,quando passarono sotto casa mia,avevano affisso i cartelli di avviso su ogni palo gia giorni prima........
 

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Tutti qui a stigmatizare l'operato del c.o.(io in prima fila)
tutti a sentenziare sulla presunta "maleducazione" degli automobilisti,bene.....


ma dei "colleghi" che fanno i "portoghesi",due righette e vai?
che hanno l'immunità inquanto "colleghi?
 

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Colnago c68 LA MAIALA=C-Taurine
in un contenitore si può mettere tutto quello che ha attinenza con il medesimo...........
........a me per esempio non danno fastidio i ricci,ma se a qualcuno danno fastidio......amen,o no?:mrgreen:
 

gx2

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Gigiant
Ti confermo che il blocco fu di 30-40min, aggiungo che era una strada di transito. Poi è normale che ogni tappa/tragitto ha le proprie peculiarità.

che comunque non è poco, la differenza è che quando passa il giro sono quelli famosi, soprattutto c'è la televisione e per tutti è una festa. Quando passiamo noi...:mitra:
 

Airone del Chianti

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Chiaramente bisogna valutare gli umori degli "indigeni" e questo è sicuramente il pensiero del 99% dei romani e limitrofi.
Non mi risulta... e poi come fai a saperlo? Mica hai fatto un sondaggio?
A me sembra la solita lamentela spocchiosa di chi ama la propria noiosa quotidianità e non ammette interferenze...
Per fortuna che non rappresenta la maggioranza che in silenzio sopporta o gode delle novità.

Scarsa informazione e menefreghismo a capo di tutto.
Sarebbe un evento mirabolante con uno scenario unico al mondo, ma purtroppo bisogna farlo condividere con i romani, per loro si può chiudere Roma per una partita di calcio tra scapoli e ammogliati, ma per la bici......
Si abitueranno. Basta insistere...
Comunque insisto che Roma non era chiusa. Erano chiuse solo alcune strade al traffico veicolare. Una buona occasione per fare qualcos'altro e vivere meglio la propria bellissima città.