Marco Pinotti, l'impresa dell'ingegneredi Bibi Ajraghi
E dire che per mesi l’hanno chiamato “il geometra”, lui che è ingegnere, per via di quella rovinosa caduta al Tour de France che gli costò la frattura del naso e di due denti. «Ho ripensato alla caduta al Tour 2002, mi ero fratturato il naso e rotto due denti - racconta Marco Pinotti, 27 anni, bergamasco di Osio Sopra, primo sul traguardo di Doneztebe al Giro dei Paesi Baschi -, non ho ancora finito di sistemarmi la bocca».
Una vittoria voluta con grande tenacia, al termine di una corsa che l’ha visto in fuga per 137 chilometri.
«È stata una sensazione unica, bella, bellissima. Quando ai 300 metri mi sono girato ho provato una gioia immensa. Una gioia davvero indescrivibile, che anche adesso, a distanza di giorni, fatico a descrivere compiutamente con delle parole appropriate. Era una vittoria che desideravo da tempo, e non vi nascondo che dentro di me non pensavo più di ottenere. Invece...».
Invece a 27 anni, Pinotti ha realizzato la sua impresa più bella. Il bergamasco della Lampre ha coronato il suo sogno, dopo quello di mettersi in tasca una laurea in ingegneria gestionale, ottenuta nell’inverno del 2001, e sale in sella solo per passione.
«Gli esami li ho preparati in albergo, quando ero in ritiro con la squadra», dice.
Marco ha altri due fratelli, Alfredo e Sergio, laureati pure loro in ingegneria meccanica e gestionale. Eppure ha rifiutato decine di offerte di lavoro, alcune l’avrebbero lanciato nella professione.
«Cosa vuoi che ti dica? A me piace il ciclismo, sono un malato di bicicletta, anche se un giorno spero di percorrere la strada che hanno intrapreso i miei fratelli. Sai, io a scuola sono sempre andato molto bene, cosa che nel ciclismo non posso dire altrettanto. Infatti, in più di una circostanza mi sono posto la grande domanda: ma ha senso che io vada avanti? La risposta è stata sì. Ha senso perché questa è la mia passione, e dopo questa vittoria, dopo quella lunga cavalcata di quasi 140 km, mi sento in pace con me stesso, mi sento ripagato di quanto ho dato in questi anni. Forse mi accontento di poco, ma io mi accontento, sono felice di quello che sto facendo e sto ottenendo».
Nei mesi scorsi si è interessato anche all’iniziativa della Fondazione Adecco per il ciclismo: con la collaborazione dell’Accpi (l’associazione dei professionisti), l’Adecco ha aperto le porte del mondo del lavoro a decine di ex professionisti che avevano smesso: «Ho seguito anch’io i loro corsi - racconta Marco -perché pensavo al futuro».
Adesso però ha deciso di pensare a correre, in un ciclismo che sembra tornato a sorridergli