E' fuori discussione la passione e la generosità di Fiorenzo Magni e della sua famiglia, che hanno voluto e, da quanto si legge, sostenuto il museo fino ad oggi. Le difficoltà derivano dal fatto che con la scomparsa di Magni, mi pare di capire, sono venute meno i suoi contributi e quindi il museo è in difficoltà. Un museo che viva di biglietti è una rarità, tuttavia il problema di quello del Ghisallo non è solo lo scarso numero dei visitatori ma il fatto che il progetto museografico, a mio avviso, è totalmente sbagliato. L'edificio in se è bello ma poco adatto ad un museo; la passerella aerea e i volumi comunicanti non permettono spazi separati e quindi la creazione di atmosfere diverse e l'ausilio di luci e suoni, gli oggetti sono mal esposti e mal conservati, non c'è un percorso da seguire e non viene raccontata una storia; non si capisce se si voglia raccontare la storia della bicicletta, della sua tecnologia, un fenomeno di costume o una storia della sport ciclistico. Ci sono più registri comunicativi che si sovrappongono e molte cose improvvisate, come le didascalie su fogli di carta appiccicati in qualche modo senza nessun criterio museale. Molti pezzi non meritano di stare nel museo; la bicicletta di legno più grande del mondo è una bizzarria di nessun interesse, così come le biciclette di legno e altre cose strampalate, che sono proposte con la stessa enfasi della bici di Coppi o di qualche campione. Ma è sbagliata anche la collocazione della caffetteria dentro il percorso del museo, inaccessibile a chi non paga il biglietto, infatti è chiusa e tristemente abbandonata a se stessa; si doveva collocare all'esterno, libera a tutti (e da li passa tanta gente che si ferma in vetta per un
caffé); si sarebbe pagata e avrebbe contribuito ai conti del museo. Sbagliati i gadget in vendita, troppi e brutti, con un marchio, quello del museo che non ha la forza per giustificare l'acquisto di un cappellino. Manca anche la segnalatica; a bellagio, a pochi chilometri, che è un centro turistico molto visitato dal quale pescare pubblico, non ricordo di aver visto cartelli visibili ed evidenti che promuovono il museo; manca completamente il marketing del museo. Ma il problema maggiore è il fatto che il museo non da emozione e non coinvolge il visitatore, non racconta. Paradossalmente le rampe del Muro di Sormano, a pochi chilometri, con dipinto il progredire del profilo altimetrico, le frasi dei protagonisti dell'epoca sono molto più emozionante di quella che invece è una rassegna di oggetti affastellati. Da anni si è imposto un modello museografico che con l'uso delle luci, dei suoni, delle scenografie, del multimediale, dell'interazione, porta il visitatore dentro una storia, lo coinvolge, lo emoziona. Spero che il museo si salvi ma credo che sia necessario rivederne radicalmente l'impostazione.