Intervista molto interessante.
Rilevo però che l'approccio al problema non si è evoluto e il focus rimane sullo sviluppo dei protocolli e metodologie di controllo e su come possano essere eventualmente elusi. Non che questo sia negativo, sicuramente anzi è parte fondamentale della lotta al doping, ma come si è dimostrato negli anni non è sufficiente.
Le molecole dopanti sono oggigiorno alquanto complesse e necessitano di strutture e laboratori sofisticati per la loro produzione. La sintesi di queste, dunque, non è clandestina ma avviene necessariamente all'interno delle industrie farmaceutiche (che ovviamente le producono per fini terapeutici di determinate patologie).
Uno stretto coinvolgimento dell'industria e del legislatore ed una diretta collaborazione con la WADA mi sembrano, a questo punto, un passo necessario per dare una nuova svolta (approccio appunto) alla situazione.
Il CIO, attraverso la WADA, deve lavorare a che venga introdotto l'obbligo per le strutture che producono sostanze iscritte nelle liste doping di inserire nelle molecole o formulazioni farmaceutiche delle stesse dei traccianti easy detectable. In passato questa via è già stata intrapresa (con successo), ma inspiegabilmente si è smesso di percorrerla.
Certo rimarrebbe il problema dei METODI dopanti, ma quello delle SOSTANZE verrebbe certamente combattuto più efficacemente e, a mio parere, ridotto.