Questa la difesa:
Savoldelli, come reagisce alla richiesta di squalifica?
«Sono tranquillissimo, perché non ho mai preso doping. Mi scoccia soltanto spendere tempo e altri soldi per difendermi».
Tutto è legato alle dichiarazioni di Tom Danielson, corridore americano che nel 2005 era come lei nella squadra di Armstrong.
«Dice che sarebbe venuto da me a chiedermi Epo e che io gliela avrei negata. A parte il fatto che io non parlo inglese e quindi avrei fatto fatica a capirlo, la sua testimonianza è piena di “non so”, “forse”, “mi sembra”. Non facevo uso di Epo, dunque non avrei potuto dargliela. Io so soltanto che, grazie alla sua testimonianza, gli hanno scontato la squalifica da 2 anni a soli 6 mesi».
Insomma, lei respinge ogni accusa.
«No, ammetto di aver frequentato il dottor Ferrari. Quello è vero».
Ma non sapeva che era inibito perché accusato di pratiche dopanti?
«No, non lo sapevo. E in gruppo non lo sapeva nessuno, tanto che sono stati fatti molti ricorsi da parte di corridori accusati della stessa frequentazione».
Ma Ferrari non l’ha mai sottoposta a pratiche dopanti?
«No. Il dottor Ferrari era semplicemente il miglior preparatore in circolazione, che tutelava prima di tutto la salute dei corridori. Se dovessi affidare un mio figliolo atleta a qualcuno lo manderei da Ferrari».
Al Giro d’Italia 1999, quando esclusero Pantani per ematocrito alto, lei rischiò la stessa sorte per ematocrito ai limiti superiori del consentito.
«Anche quando mi sono presentato di recente alla Procura del Coni mi sono portato dietro gli esami del sangue, che avevo fatto pochi giorni prima. E il valore del mio ematocrito era 49. Come mai? Ho preso Epo anche per andare al Coni?».
Ce lo spieghi lei.
«È facile, ho i valori di ematocrito alti fisiologicamente, il che naturalmente era un vantaggio quando correvo. Ma non significa che mi dopassi».
Come possiamo esserne sicuri?
«Anche questo è semplice. Basta confrontare tra loro i valori di tutti i test biochimici fatti quando ero in attività: si vedrà chiaramente che i miei dati non hanno mai subito degli sbalzi sospetti. E’ lo stesso principio su cui si basa il passaporto biologico».
Ora come intende difendersi da queste accuse?
«Lo chiederò ai miei avvocati Pierfilippo Capello (figlio di Fabio Capello, ndr) e Laura Guardamagna. Ero tentato di lasciare perdere, se non fosse che poi ti appiccicano l’etichetta del dopato. E io non posso permetterlo».
Ma perché il Coni vorrebbe squalificarla pur con prove, a suo dire, così lacunose?
«Per farsi pubblicità, per far vedere che si dà da fare e lavora, che smaschera chi si dopa. Peccato che prende di mira me, ormai ritirato da tempo, e con motivazioni ridicole. In tutto il dossier Armstrong il mio nome non figura mai se non nelle tre righe relative alle dichiarazioni di Danielson. Ma per favore!».
http://lastampa.it/2014/03/31/sport...per-doping-5Y7mrKrPbws7Gk2O2H4LJK/pagina.html
